Posts Tagged ‘Anna Ruchat’

Labambina

3 settembre 2015

Mariella Mehr
Labambina
gli economici

Se c’è un fondo autobiografico in questo romanzo, esso non sta nella vicenda narrata ma nelle modalità di interazione tra i personaggi e in particolare nella relazione primaria della bambina con il mondo: «Non ha nome, Labambina». Senza nome e senza parola, all’inizio una voragine priva di contorni perché priva di storia, Labambina adottata in un villaggio anch’esso senza nome, è il centro durissimo, il nucleo di pietra di questo romanzo. Una situazione di sopruso reiterato in cui la violenza, quella fisica e quella psicologica, è l’unico elemento dinamico in grado di provocare episodici contatti tra la vittima e i suoi carnefici. Sembra quasi che Labambina, con la sua presenza aspra e non archiviabile sia in grado di far riemergere, in alcune di quelle individualità spente, una traccia di tenerezza, di far riacquistare loro il movimento perduto. Ma la sopraffazione prevale, la coralità bigotta del villaggio riassorbe ogni tentativo di sottrarsi al gruppo e restituisce alla scena quella circolarità vuota che respinge tutto ciò che non si adegua.

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Mariella Mehr è nata a Zurigo nel 1947. Di etnia Jenisch, ha subito persecuzioni in nome del programma eugenetico promosso dal governo svizzero nei confronti dei figli appartenenti a famiglie nomadi. Da bambina piccolissima fu sottratta alla madre e assegnata in periodi diversi a varie famiglie e a tre istituzioni educative. Lo stesso accadde quando fu lei a diciotto anni ad avere un figlio, che le fu tolto. La rabbia contro le istituzioni sviluppò in lei uno spirito ribelle che la condusse a subire quattro ricoveri in ospedali psichiatrici e quasi due anni di carcere femminile. Dal 1975, come giornalista, ha scritto molti articoli
di denuncia. Ha pubblicato diversi romanzi e quattro libri di poesia. In traduzione italiana: il libro autobiografico Silviasilviosilvana (Guaraldi 1995), i romanzi Il marchio (Tufani 2001), Labambina (Effigie 2006) e Accusata (Effigie 2008), le raccolte poetiche Notizie dall’esilio (Effigie 2006), San Colombano e attesa (Effigie 2010); l’antologia Ognuno incatenato alla sua ora (Einaudi 2014).

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Il vitello d’oro

14 ottobre 2013

È la resa al vitello d’oro, è la sua adorazione che ci ha portato al punto in cui siamo. Tutta la vita umana e le sue strutture, fisiche e mentali, personali e sociali, hanno di fronte a sé in questa epoca – come loro primo e ultimo idolo – un vitello di fango che luccica come un vitello d’oro.

Aa. Vv.
Il vitello d’oro
Il primo amore giornale di sconfinamento n.3

in questo numero
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Antonio Moresco Appunti sull’idolatria di questa epoca
Carla Benedetti Il vitello d’oro
Tiziano Scarpa Le scarpe delle donne e il consumismo inconsumabile
Serge Latouche La decrescita
Irene Campari Denti di ferro
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Orbite
Anna Ruchat Sgangherata Sissi
Antonio Moresco Lettere al Papa e ad Elizabeth Taylor
Roberto Michilli Oggetti preziosi
Tiziano Scarpa Il design e il riposo ermeneutico
Andrea Tarabbia Le macerie
Maria Moresco Lev Sestov. La lotta contro le evidenze
Franco D’Intino Leopardi o l’automobile: dello stupore
Sergio Baratto Herbert. Inno agli uomini che muoiono in piedi
Mariella Mehr Lettera alla madre
Antonio Moresco Zingari di merda
Laura Eduati Guerra tra poveri
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A voce
Carla Benedetti Conversazione con Giuseppe Bartolini
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La fascia di Kuiper
Tiziano Scarpa, Biennale e Documenta
Anna Ruchat, Topografia dell’indicibile
Paola Quadrelli, Il mondo mutato
Elio Grasso, Ripensando alla poesia
Roberta Salardi, Post-Edipo
Sabrina Ragucci, Non avrei più paura
Francesco Venturi, Trovatori
Silvio Bernelli, La macchina degli abbracci
Anna Ruchat, Michele Ranchetti

[acquistabile direttamente in casa editrice]
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1. La rigenerazione
2. Il dolore animale
3. Il vitello d’oro
4. La fabbrica della cattiveria
5. Che fare?
6. Il miracolo, il mistero e l’autorità
7. Tribù d’Italia
8. Le opere di genio
9. L’adorazione

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Antonio Moresco nel catalogo effigie

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San Colombano e attesa

14 ottobre 2013

Restaurano facciate
e cortili
ma agli esseri umani viene la muffa
per troppa follia
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Mariella Mehr

Mariella Mehr
San Colombano e attesa
Traduzione di Anna Ruchat
con dieci disegni di Curzio Di Giovanni
le Stellefilanti poesia

Quanto dolore può sopportare un essere umano? C’è una dose per ciascuno? Una quantità per la vita? Oltre quale soglia la persona si spezza? E come mai qualcuno si spezza producendo grande letteratura? Mariella Mehr, nata nel 1947, ha subìto nei primi anni di vita una vasta gamma di soprusi che l’hanno ferita per sempre nel corpo e nella psiche. La persecuzione degli zingari, gli jenische, in Svizzera, che spinge avanti l’ombra della shoah fin quasi all’inizio degli anni Ottanta, la investe in pieno: sua madre, lei, suo figlio, ne saranno vittime. Mariella si “salva” grazie all’attività politica e giornalistica e più tardi a quella letteraria. E tuttavia la “salvezza” non è guarigione, le ferite interne vengono continuamente stuzzicate, quelle “esterne” pesano sulla vita di ogni giorno. Nel gennaio e nell’ottobre del 2007 Mariella Mehr si trovava a San Colombano, in una clinica a una quarantina di minuti da Pavia per un tentativo di disintossicazione dall’alcol. Dei due soggiorni a San Colombano e del tempo di attesa tra l’uno e l’altro sono rimaste queste poesie. Duri promemoria di sofferenza. Lucide annotazioni strappate all’inaccettabile.

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La rigenerazione

14 ottobre 2013

I giorni passano, gli anni passano.
La vita fa il suo corso. Ci manda dei segnali. Inequivocabili, portentosi. Ma non sembra poter fare di più. Non è affar suo.
Se non è affar nostro, figurarsi se è affar suo!

Aa. Vv. La rigenerazione
Il primo amore giornale di sconfinamento n.1

in questo numero
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Antonio Moresco La rigenerazione
Carla Benedettii La coda della Lucertola
Sergio Nelli Este Jardin
Sergio Baratto Una giornata lavorativa del tardo olocene
Ornela Vorspi Lezioni albanesi
Dario Voltolini La rigenerazione dei tessuti
Gabriella Fuschini Rigenerare la mente affollata
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Orbite
Tiziano Scarpa La custode
Lara Terzoli Figurazioni
Elfriede Jelinek Lui non come lui
Rainer Werner Fassbinder Il mio migliore amico è il vento
Gianni D’Elia La cometa di Welby
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A voce
Andrea Tarabbia Conversazione con Antonio Moresco
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La fascia di Kuiper
Sergio Nelli
L’apicoltore
Il genitore incomprensibile
Maurizio Guerri La conquista dell’inutile
Anna Ruchat Quanti esteri ci sono?

Appello Pasolini Siamo tutti parte offesa. Riaprire il processo Pasolini
Appello Grifi ”Legge Bacchelli” per Alberto Grifi

[acquistabile direttamente in casa editrice]

1. La rigenerazione
2. Il dolore animale
3. Il vitello d’oro
4. La fabbrica della cattiveria
5. Che fare?
6. Il miracolo, il mistero e l’autorità
7. Tribù d’Italia
8. Le opere di genio
9. L’adorazione

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L’ora della morte

14 ottobre 2013

La storia di un sopravvissuto
Il primo romanzo in traduzione italiana di un grande autore tedesco

Herbert Achternbusch
L’ora della morte
Traduzione di Anna Ruchat e Werner Waas
le Stellefilanti narrazioni

Cresciuto in campagna, senza luce elettrica e in assoluta povertà, in questo romanzo Herbert Achternbusch racconta la storia della propria formazione e il riscatto attraverso l’arte. L’ambito che descrive e circoscrive comprende sia le devastazioni del passato che una proiezione fuori dal tempo in universi allucinati, a metà tra l’incubo e l’estasi.
Sceneggiatore e amico di Werner Herzog nonché lui stesso regista, Achternbusch è autore di una visionarietà radicale e intransigente, capace, in questo libro, di proiettare sulla Germania del dopoguerra luci spregiudicate che fanno emergere le nervature profonde e inconfessabili nel rapporto tra i tedeschi e la storia del Novecento.

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Notizie dall’esilio

13 ottobre 2013

Mariella Mehr

Mariella Mehr
Notizie dall’esilio
Traduzione di Anna Ruchat
Traduzione in lingua rom di Rajko Djurić
le Stellefilanti poesia

Oft singt mir der Wolf im Blut,
dann wird mir warm
in einer fremden Sprache.

Spesso canta il lupo nel mio sangue
e allora l’anima mia si apre
in una lingua straniera.

O ruv butivar an mor rat gilabel,
trujal mande o tatipe buvljol
an jek gadžikani čhib mor lav ačhol.

In questa raccolta risuona un visionario, a volte allucinato grido di dolore sul confine della follia. Un appello all’ascolto che non cerca consolazione nel linguaggio, ma usa la lama del paradosso per far emergere nei paesaggi, nei corpi, nel firmamento, i bagliori di un senso perduto, aprendo uno spiraglio sulla spietata ipoteca del quotidiano.

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Loro non come loro

13 ottobre 2013

Nel loro sfacelo si aspettano qualcosa da noi: laggiù, nella nebbia, si levano ambiziose le nuove costruzioni d’Europa

Elfriede Jelinek
Loro non come loro
. Lui non come lui (per, con Robert Walser) – Un dramma
Traduzione di Anna Ruchat
. Totenauberg – Un dramma
Traduzione di Federica Corecco e Christian Zürcher
Revisione di Werner Waas
le Stellefilanti teatro

La storia della letteratura è piena di destini strambi o tragici. Ma quella di Robert Walser è una delle storie più tragiche. A lui, negli ultimi trent’anni di vita, è toccato come domicilio un manicomio e per quasi tutto il tempo non ha più scritto.
Totenauberg mette in scena un allucinato incontro tra Heidegger e la sua allieva-amante Hannah Arendt, nei luoghi dove Heidegger trascorse gli ultimi anni di vita, incuranti di una natura corrotta.

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Labambina

13 ottobre 2013

Una storia tra verità e invenzione sul rifiuto del diverso nell’Europa dei nostri giorni.
Un romanzo in cui la forza espressiva del linguaggio mima di continuo la violenza del gesto

mariella mehr

Mariella Mehr
Labambina
Traduzione di Anna Ruchat
le Stellefilanti romanzi

Mariella Mehr è nata Zurigo da madre zingara di ceppo Jenische. Come molti altri figli del popolo nomade nati in quegli anni in Svizzera e in Svezia, la Mehr fu vittima dell’iniziativa di sedentarizzazione forzata del popolo zingaro organizzata dall’ «Opera di soccorso per i bambini di strada». Già nella primissima infanzia fu strappata alla madre per essere consegnata a famiglie affidatarie, orfanotrofi, istituti psichiatrici, in quanto la rottura totale tra il bambino e il suo universo familiare era ritenuta condizione indispensabile per l’estirpazione del fenomeno zingaro (dal 1926 al 1972 furono 600 i bambini sottratti a forza alle loro famiglie nell’ambito di un programma che doveva plasmarli secondo i modelli della società sedentaria). È da questa esperienza di sradicamento, segregazione e colpevolizzazione che nascono tutte le opere della Mehr e in particolare i romanzi della “trilogia della violenza” di cui Labambina fa parte. Se c’è un fondo autobiografico in questo romanzo, esso non sta tuttavia nella vicenda narrata ma nelle modalità di interazione tra i personaggi e in particolare nella relazione primaria della bambina con il mondo: «Non ha nome, Labambina». Senza nome e senza parola, all’inizio una voragine priva di contorni perché priva di storia, Labambina adottata in un villaggio anch’esso senza nome, è il centro durissimo, il nucleo di pietra di questo romanzo. Una situazione di sopruso reiterato in cui la violenza, quella fisica e quella psicologica, è l’unico elemento dinamico in grado di provocare episodici contatti tra la vittima e i suoi carnefici. Sembra quasi che Labambina, con la sua presenza aspra e non archiviabile sia in grado di far riemergere, in alcune di quelle individualità spente, una traccia di tenerezza , di far riacquistare loro il movimento perduto. Ma la sopraffazione prevale, la coralità bigotta del villaggio riassorbe ogni tentativo di sottrarsi al gruppo e restituisce alla scena quella circolarità vuota che respinge tutto ciò che non si adegua.

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Il dolore animale

13 ottobre 2013

Dove è andato a finire il dolore che abbiamo inflitto agli animali – e a noi stessi – nel corso del tempo? Esiste un luogo, uno spazio, una dimensione dove è presente tutta questa materia in dolore?
E ancora: se il dolore è un meccanismo di informazione e difesa, come mai le specie viventi si sono inventate proprio questo meccanismo e non altri?

Aa. Vv.
Il dolore animale
Il primo amore giornale di sconfinamento n.2

in questo numero
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Antonio Moresco Il dolore animale
Giuseppe Bogliani Gli animali e i cambiamenti climatici
Giovanni Giovannetti Inferno Snia
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Orbite
Anna Ruchat Di quanta casa ha bisogno un uomo?
Andrea Raos Le api migratori
Tiziano Scarpa Quando mio nonno si fidanzò con una gallina
Sergio Nelli A Copito
Sergio Baratto Milano Porta Genova, 14 settembre 1999
Helena Janeczek Angst
Dario Voltolini Sotto i portici
Vincenzo Pardini Buio e sofferenza
Giorgio Falco Le parole come gli altri
Cristina Gucciarelli Tozzi, il trauma, i rospi
Carla Benedetti Lombrichi, batteri e uomini
Gabriella Fuschini Fuori dal campo visivo
Federico Nobili Una pietra non ha polmoni
Paolo Di Stefano Marcinelle
Alessandro Ceni Nella Valle dello Scesta
Ivano Ferrari Le bestie imperfette
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A voce
Laura Santoni Conversazione con Ivano Ferrari
Antonio Moresco Note su Céline
Louis Pauwels, André Brissaud Intervista a Louis-Ferdinand Céline
Louis-Albert Zbinden Intervista a Louis-Ferdinand Céline
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La fascia di Kuiper
Sergio Nelli, Animali
Antonio Moresco, Dio non ama i bambini
Silvio Bernelli, L’altrove
Elio Grasso, Minotauri
Roberta Salardi
– Da Oblòmov alla generazione X
– Novecento dimenticato

– Arte e dolore

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2. Il dolore animale
3. Il vitello d’oro
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6. Il miracolo, il mistero e l’autorità
7. Tribù d’Italia
8. Le opere di genio
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Ai margini del vuoto

13 ottobre 2013

In cosa consiste dunque il valore di un uomo
in questo mondo in cui tutto è provvisorio?

Aa. Vv.
Ai margini del vuoto
Ludwig Hohl e l’evocazione delle cose
A cura di Peter Erismann e Anna Ruchat
Visioni

Un omaggio necessario. Insieme a Frisch, Dürrenmatt e Walser, Ludwig Hohl è tra i più grandi scrittori svizzeri del Novecento. Nasce a Netstal (Canton Glarona) nel 1904, figlio di un pastore protestante e nipote di un industriale della carta; lascia molto presto la famiglia per trasferirsi senza un soldo in Francia – dove vive per diversi anni – e più tardi in Olanda, per tornare a Ginevra e trascorrervi in miseria gran parte dell’esistenza. Hohl è al tempo stesso un marginale, un Kaspar Hauser e un primitivo del lavoro culturale, ma anche un imprescindibile punto di riferimento per la letteratura e la cultura svizzera. Autodidatta, stimatissimo da Frisch e Dürrenmatt, apprezzato da artisti in tutti i campi, tanto da meritare un film – ha trascorso gran parte della sua vita a riordinare le migliaia di appunti scritti nei momenti di massima foga produttiva. In Olanda prima (1933-36) e a Ginevra poi, ha vissuto in una cantina, appendendo il proprio lavoro ai fili per stendere la biancheria.
Hohl ha eletto il frammento a sistema, l’asperità a regola di uno scrivere che è terremotato nella sintassi, che si sottrae ad ogni ordine.
Ne rendono testimonianza l’antologia di testi che pubblichiamo e il percorso iconografico, con le fotografie e i disegni degli artisti che lo hanno incontrato. Infine le testimonianze degli scrittori che lo hanno conosciuto o letto e l’estratto della bella intervista – a tutt’oggi inedita anche in lingua tedesca – realizzata da Alexander J. Seiler, in preparazione al film che gli ha dedicato. Una messinscena tragica di un’esistenza, a tratti addirittura prigioniera di quel pensiero conteso tra l’etica protestante della mente e il surrealismo dell’anima.
Ai margini di un centro statico e inanimato, l’opera di Hohl è una glossa alla morte, un tradurre costante «da un qualcosa che si spegne in qualcosa che va avanti». È la rilevazione puntuale dei movimenti che avvengono alla periferia e che determinano le rivoluzioni del centro.
Sono i margini che irrompono: «Largo giace il nostro mezzogiorno intorno a noi, la città a mezzogiorno si espande pesantemente; sul margine più lontano del cielo, dettaglio quasi impronunciabile, se ne sta una nuvoletta che si può dire irreale; solo i “sognatori” riescono a scorgerla, ma è di lì che irrompe ciò che viene dopo quest’ora larga, è di lì che irrompe il temporale che sta per abbattersi sulla città. Arriva, si avvicina, annichilisce il centro».

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